Laura Film Festival

VI Edizione – Laura Film Festival

La VI^ edizione del Laura Film Festival, che si svolge dal 15 al 19 luglio, pur proseguendo nel solco delle linee guida delle precedenti stagioni sposta l’attenzione dall’ambito più strettamente privato e personale a quello più politico e sociale. Il tema dell’informazione e quello dell’integrazione sociale sono i criteri su cui si incentrano le due principali ‘dimensioni’ del festival: la “rassegna italiana” e la “sezione documentari”. Il programma del 2009 punta soprattutto sul cinema italiano “indipendente”, in senso non strettamente economico.

Per la sezione “rassegna italiana” sono stati  proposti:

– Tutta colpa di Giuda (2009), di Davide Ferrario, è la storia di una regista di teatro sperimentale, Irena (Kasia Smutniak) che accetta la proposta di Don Iridio (Gianluca Gobbi) di allestire una versione della passione di Cristo in un istituto penitenziario delle Vallette, a Torino. Durante il suo nuovo impegno la ragazza troverà molti ostacoli: dal conquistarsi la fiducia dei detenuti alla lotta quotidiana contro la caparbia suor Bonaria (Luciana Littizzetto). Ma soprattutto dovrà trovare qualcuno disposto ad interpretare Giuda. Le dure prove affrontate forgeranno però il suo carattere, permettendole di lasciarsi alla spalle la relazione con l’attore Cristiano (Cristiano Godano).

– Pa-ra-da (2008), di Marco Pontecorvo, narra la vera storia dell’artista di strada franco-algerino Miloud Oukili (interpretato da Jalil Lespert), che recatosi a Bucarest (Romania) nel 1992, tre anni dopo la caduta del regime di Ceausescu, tenta di aiutare i “boskettari”: ragazzi di strada dai tre ai sedici anni, orfani oppure fuggiti da squallidi orfanotrofi o da altrettanto deleterie situazioni familiari, che vivono tra le fogne della città e sopravvivono grazie a furti, accattonaggio e prostituzione, inalando vapori di colla o vernici per sopportare una vita di  stenti. Miloud li aiuta a vincere la loro indifferenza verso il mondo, grazie all’arte della clownerie e alla magia del circo. Il film mostra alcune difficoltà che si incontrano nell’aiutare i bambini di strada, e le difficoltà che essi stessi hanno per uscire dalla propria schiavitù. Attraverso un lavoro lungo e faticoso, il protagonista riesce a conquistare la loro fiducia, e a farli crescere gradualmente, trasformandoli in artisti di strada, oggi noti in tutto il mondo. Ma laggiù molti ragazzi hanno ancora bisogno di angeli come Miloud.

– Fortapàsc (2009), di Marco Risi, è un film sulla tragica fine del giornalista appena 26enne Giancarlo Siani, interpretato da Libero De Rienzo. Siani, un praticante “abusivo” napoletano che lavora nella sezione di ‘nera’ della redazione locale de Il Mattino, a Torre Annunziata, incomincia a indagare sulle alleanze dei camorristi torresi con i reggenti di altri clan della Campania. E nonostante le minacce più o meno velate che subisce non si lascia intimidire, proseguendo per la sua strada, finché scopre vaste aree di corruzione e connivenze tra politici e criminalità organizzata. Verrà ucciso sotto casa, dentro la sua Citroën Mehari, nel quartiere residenziale del Vomero (nei pressi di piazza Leonardo), la sera del 23 settembre del 1985. Da pochi giorni aveva compiuto 26 anni. La camorra ne decide l’esecuzione per paura che il ragazzo scoprisse un giro di appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980. Il film è tratto da “Mehari”, un cortometraggio realizzato nel 1999 da Gianfranco de Rosa, che poi di Fortapasc è il produttore esecutivo. Una pellicola coraggiosa, che forse proprio per questo ha sofferto di una circuitazione mediocre e di una campagna promozionale quasi nulla, sia nel periodo precedente sia durante la fase di programmazione nelle sale: incassa 703 mila euro in tutto. Tra gli interpreti anche un ottimo Ennio Fantastichini (è il sindaco Cassano di Torre Annunziata). Ernesto Mahieux, Daniele Pecci, Valentina Lodovini, Gianfranco e Massimiliano Gallo (interpretano i fratelli Gionta, affigliati al clan Nuvoletta).

– Complici del silenzio (2009), di Stefano Incerti, è la storia di Maurizio Gallo (Alessio Boni), giornalista sportivo italiano, che viene inviato a Buenos Aires per seguire i Campionati mondiali di calcio del 1978. Accompagnato dal collega fotoreporter Ugo Ramponi (Giuseppe Battiston), Maurizio farà visita ai parenti argentini, integrati e ‘collusi’ con uno dei bracci del regime di Videla, Pablo Pere (Juan Leyrado), marito altero della cugina. Partito dall’Italia col cuore infranto e deciso a dimenticare il perduto amore tra una punizione e un calcio di rigore, il giornalista finisce per innamorarsi di Ana (Florencia Raggi), ex moglie di un amico e membro clandestino di una formazione guerrigliera, che si oppone al regime militare. Sospettato suo malgrado di propaganda rivoluzionaria, rimane vittima della dittatura, patendo detenzione e tortura e condividendo il destino della donna amata. Le immagini del film sono inframmezzate da filmati autentici della manifestazione, quali il messaggio di inaugurazione del presidente, le reti della partita Italia-Francia e della finale Argentina-Olanda, la premiazione e la festa per le strade di Buenos Aires. Prima dell’inizio del campionato del mondo, il giornalista Gianni Minà fu espulso dall’Argentina per avere cercato di raccogliere notizie sui desaparecidos.

Nella “sezione documentari” sono stati presentati i seguenti film:

– “Come un uomo sulla terra” di Andrea Segre e Dagmawi Yimer, viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo nascoste;

– “Domani torno a casa” di Paolo Santolini e Fabrizio Lazzaretti che racconda la vicenda di due bambini, uno afgano, l’altro sudanese, che riesco a vedere riconosciuto il loro diritto alla vita grazie all’organizzazione Emergency;

– “Memoria a perdere” di Donata Gallo, in cui il gruppo romano che animò Radio Città Futura negli anni ’70 si ritrova dopo 30 anni con lo scopo di riempire un vuoto di memoria nella storia ufficiale che ricostruisce “gli anni di piombo” solo attraverso i racconti di comodo dei terroristi o le analisi degli storici ufficiali;

– “Young Satellite” documentario che Ignazio Oliva, impegnato da anni con Amani, ha girato a Nairobi, per raccontare la storia dello Yassets Football Club, la squadra di calcio a cui ha dato vita padre Kizito con Amani, per combattere il fenomeno dei ragazzi di strada.

La sezione “omaggio ad un maestro” viene dedicata a Dino Risi, con quattro indimenticabili film:

– Straziami ma di baci saziami (1968) che ripropone in chiave moderna un classico romanzo d’appendice ottocentesco, i cui protagonisti non sono però eteree fanciulle tradite e abbandonate da cinici avventurieri ma ingenui e spontanei paesanotti che vivono un dramma d’amore ciociaro-marchigiano trasformato in un fotoromanzo, e accompagnato da canzonette, in un ambiente urbano moderno indifferente ad ogni sentimento;

– Anima persa (1977), tratto da un romanzo di Giovanni Arpino del ’66, offre dei continui rimandi «alla lucida ipostasi di una follia, alla contrapposizione tra il fascino del male e la grettezza della virtù» come nel Dottor Jekill di Louis Stevenson e nel Sosia di Fedor Dostoevskij (l’analisi è del critico letterario Lorenzo Mondo): il giovane Tino è a Venezia ospite dello zio ingegnere (Vittorio Gassman) che vive con la moglie (Catherine Deneuve) cagionevole di salute. Ben presto si accorge che la casa nasconde un mistero. Una notte sale in soffitta e… ;

– In nome del popolo italiano (1971), è un film sceneggiato da Age e Scarpelli: giudice integerrimo e moralista (Ugo Tognazzi) sospetta industriale fascistoide brillante e senza scrupoli (Vittorio Gassman) della morte di una tossicomane. Un diario gli rivela l’innocenza dell’incriminato ma lui distruggerà la prova;

– Una vita difficile (1961) è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare da parte della Rete degli Spettatori. Racconta di un ex partigiano (Alberto Sordi), comunista e idealista e di un mondo nuovo e pulsante che però premia arrivisti e gente senza scrupoli. In quel mondo, il protagonista avverte di essere un perdente e dopo un lungo travaglio si arrende negando la propria identità. Il riscatto finale è più per rassicurare lo spettatore con un movimento catartico che per raccontare la storia di questo Paese: il dubbio su cosa sia realmente successo resta. Nessuna celebrazione, poco ottimismo, ancor meno entusiasmo. Una tipica commedia all’italiana che dimostra come il genere può aver valore di documentario e di satira. L’acredine che percorre la storia come un’implicita e acida protesta contro il malcostume prevale qualche volta sul distacco della satira e sull’acutezza dell’analisi ma il personaggio di Sordi – che mirabilmente tratteggiato, acquista via via in vigore, incisività, autorità – rimane il punto di equilibrio di tutta la vicenda. La lunga sequenza finale, dagli sputi contro le auto sfreccianti sul lungomare di Viareggio al tuffo di Bracci in piscina, preannuncia il disfacimento dell’Italia.

Nella sezione Sguardi sul cinema sono presentati i seguenti film:

– Una Bella Vacanza. Buon Compleanno Dino Risi! È un documentario a cura di Fabrizio Corallo e realizzato da 3D Produzioni per Rai tre che, in occasione dei 90 anni del maestro della commedia, ripercorre la storia del cinema italiano dal dopoguerra ad oggi. Dal documentario, però, emerge anche l’aspetto privato, inedito, della vita quotidiana di un testimone del suo tempo. Premiato con una Menzione Speciale dei Nastri d’Argento e presentato in diverse manifestazioni internazionali – tra cui la rassegna “41esimo Parallelo” del MoMA di New York – “Una bella vacanza” (Risi definiva così la sua esperienza nel cinema) vede l’autore de ”Il sorpasso”, ”Una vita difficile”, ”I mostri”, ”Profumo di donna” e di tanti indimenticabili film-specchio dell’Italia dal dopoguerra a oggi, ripercorrere la sua carriera e la sua vita, rievocando la stagione più feconda del nostro cinema e 60 anni di storia del costume. In poco più di un’ora il regista milanese si racconta come protagonista di momenti di vita quotidiana divertenti ed emozionanti e testimone schietto ed ironico di eventi imprevedibili con aneddoti e curiosità sui suoi film, i suoi attori e la società in evoluzione, tra le speranze dell’Italia della ricostruzione, le euforie e le contraddizioni del boom economico, l’incanto ed il disincanto degli anni della contestazione e il dramma di quelli del terrorismo, fino al disorientamento di fronte al villaggio globale dell’era televisiva.

Tra le numerose testimonianze che arricchiscono “Una bella vacanza” da segnalare quelle degli attori Jean Louis Trintignant, Monica Bellucci, Giancarlo Giannini, Ornella Muti, Franca Valeri, Catherine Spaak, Lorella De Luca e Alessandra Panaro; di spettatori d’eccezione come Martin Scorsese, Umberto Eco, Carlo Verdone e Walter Veltroni; dei figli d’arte Alessandro Gassman, Ricky Tognazzi, Carlo ed Enrico Vanzina; dei colleghi di lavoro Ettore Scola, Armando Trovajoli, Furio Scarpelli, Vittorio Cecchi Gori ed Enrico Lucherini; dei registi Paolo Virzì e Marco Tullio Giordana e dei critici Valerio Caprara, Tullio Kezich, Curzio Maltese, Jean Gili e Marco Giusti.

– Il riflesso di vincere è un backstage – ideato, filmato e montato dal giovane Enrico Maisto – girato sul set di Vincere di Marco Bellocchio, unico film italiano in concorso al Festival di Cannes del 2009, la cui storia ruota attorno a Benito Albino Dalser, figlio del dittatore Benito Mussolini e di Ida Irene Dalser.

– Mario di Via dei Serpenti di Claudio Moschin è un omaggio a Mario Monicelli (La via del titolo, romana, è l´indirizzo dove abitava) che alle soglie dei 93 anni ripercorre i propri ricordi di cinema e vita, l´Italia del `900, gli attori, e i suoi film più celebri.

– Morando Morandini – Non sono che un critico fa parte della serie “Gente di Milano” (Storie, volti e figure della cultura milanese contemporanea), curata da Massimo Cecconi. Produzione esecutiva: Lionello Cerri (Lumière e commerciale). È un documentario/ritratto di uno dei più resistenti cinecritici italiani in servizio attivo nel 2010, quotidianista dal 1952 al ’98 (La notte, Stasera, Il Giorno) diventato negli anni 2000 autore dell’omonimo Dizionario, collaboratore di periodici e riviste di cinema, precario docente all’Università di Milano e in altri istituti, attore in Prima della rivoluzione (1964) di Bernardo Bertolucci e in Remake (1987) di Ansano Giannarelli. Nel film si confronta con Natalia Aspesi, Adriana Asti, Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Goffredo Fofi, Fabrizio Grosoli, Flavia Mastrella, Paolo Mereghetti, Antonio Rezza. Ne esce così, in tralice, anche un rapporto sullo stato delle cose della cinecritica italiana. Si rievoca la sua attività di “levatrice” nel Festival “Anteprima” di Bellaria e di Levanto, mescolandola con le alterne vicende della vita privata. Non viaggiando su Internet, web ecc. (ma non se ne vanta), si ostina a usare la vecchia macchina da scrivere (nonostante la difficoltà di trovare i nastri buoni).

– Il documentario Florestano Vancini – cronaca di un autore che i libri di cinema non hanno sufficientemente apprezzato – è un viaggio attraverso incontri, testimonianze, vecchi filmati e interviste inedite, che vuole restituire quanto finora non è stato riconosciuto a questo grande regista, autore di importanti film quali “La lunga notte del ’43”, “Le stagioni del nostro amore”, “Bronte”, “Il delitto Matteotti”, di ben 36 documentari e numerosi sceneggiati televisivi (tra cui “La piovra 2”). Le dichiarazioni di critici come Tullio Kezich, Gian Luigi Rondi, Morando Morandini, Italo Moscati e Paolo D’agostini, unite alle testimonianze di cineasti quali Francesco Rosi, Carlo Lizzani, Citto Maselli e i ricordi, fra gli altri, di Gastone Moschin, Franco Nero, Massimo Ghini, Lisa Gastoni, Giuliano Gemma, ripercorrono la carriera del regista ferrarese che ha saputo interpretare la scuola neorealista di cui era successore, con un personalissimo stile di denuncia. Il profilo che ne esce fuori, arricchito da incontri ripresi al Torino Film Festival e alla casa del cinema (in cui lo stesso Vancini racconta i numerosi sforzi e aneddoti legati alle lavorazioni dei suoi film), è quello di un autore che ha dovuto imporsi per far rispettare il suo pensiero, pagando spesso caramente la sua onestà intellettuale ed il carattere poco incline alla mondanità.

Le altre edizioni del Laura Film Festival

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