Storia poco nota del cinema italiano
L'articolo 28
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1.
Presupposti e finalità della legge
Lo Stato considera il cinema mezzo di espressione artistica, di formazione culturale, di comunicazione sociale e ne riconosce l’importanza economica ed industriale. Le attività di produzione, di distribuzione e di programmazione di film sono ritenute di rilevante interesse generale.
Pertanto, lo Stato:
- favorisce il consolidarsi dell’industria cinematografica nazionale nei suoi diversi settori;
- promuove la struttura industriale a partecipazione statale, assicurando che sia di integrazione all’industria privata ed operi secondo criteri di economicità;
- incoraggia ed aiuta le iniziative volte a valorizzare e diffondere il cinema nazionale con particolare riguardo ai film di notevole interesse artistico e culturale;
- assicura, per fini culturali ed educativi, la conservazione dei patrimonio filmico nazionale e la sua diffusione in Italia ed all’estero;
- cura la formazione di quadri professionali e promuove studi e ricerche nel settore cinematografico.
È istituito presso la Sezione autonoma per il credito cinematografico della Banca Nazionale del lavoro, mediante conferimento da parte dello Stato, lire 300.000.000 per l’esercizio finanziario 1965 e di lire 250.000.000 per i due esercizi finanziari successivi, un fondo particolare per la concessione di finanziamenti a film ispirati a finalità artistiche e culturali realizzati con una formula produttiva che prevede la partecipazione ai costi di produzione di autori, registi, attori e lavoratori.
I finanziamenti a valere sul fondo particolare di cui al precedente comma sono deliberati, su conforme parere del Comitato per il Credito cinematografico di cui al precedente articolo, dal Comitato esecutivo della Sezione e possono essere concessi anche ad integrazione di finanziamenti ordinari della
Sezione stessa, fruenti dei contributi sugli interessi di cui all’Art. 27
I finanziamenti del fondo particolare non possono superare singolarmente il 30 per cento del costo di produzione accertato dalla Sezione; sono posticipati nel rimborso ai finanziamenti ordinari della Sezione stessa e sono gravati di un interesse del 3 per cento per ogni anno.
I proventi per interessi al pari delle eventuali perdite sono imputati al fondo particolare.
La gestione del fondo di cui al presente articolo deve essere tenuta distinta e separata dalle altre attività della Sezione.
Parlano dell'articolo 28
II numero 28, per la maggior parte della gente, è associato al mese di febbraio («di 28 ce n’è uno»). Per chi fa cinema, o meglio, per chi aspira a fare cinema, il numero 28 è un numero magico. Pur essendo, infatti, il casuale numero di un artz-colo della legge sul cinema che prevede la costituzione di un fondo particolare per il finanziamento di film con finalità artistiche e culturali, esso è diventato, specialmente negli ultimi anni, una fantastica chimera per giovani autori, giovani cinefili, aspiranti registi che vedono in quell’articolo 28 l’unica possibilità per verificare le loro aspirazioni, per mettere alla prova il loro talento, per realizzare il loro ca-polavoro, in definitiva, per affermare il loro diritto all’espressione.
Si può, forse, addirittura azzardare l’ipotesi che, negli ultimi anni, si è configu rata una nuova tipologia antropologica: quella del ventottista. E un intellettuale, dall’aria vagamente sofferente, in genere autore e produttore del proprio film, che si aggira spesso nei corridoi del sesto pia-10 del Ministero del turismo e dello spet-tacolo, e che si accinge alla logorante impresa di realizzare un “film a lungometraggio di nazionalità italiana” con la quasi assoluta certezza che il suo film non uscirà mai nelle sale commerciali, che, forse, se avrà fortuna, sarà programmato da qualche cineclub e che, se riuscirà a trovare l’appoggio politico giusto, potrà essere veduto in televisione.
Ma chi glielo fa fare, allora, di affrontare tante fatiche, di sottoporsi a terribili stress, di esporsi molto spesso anche finan-ziariamente? E chi glielo fa fare ai suoi collaboratori che vanno a lavorare quasi grantuitamente e spesso in condizioni mol. to disagiate? Che cosa c’è dietro questa modalità produttiva esaltata da alcuni, disprezzata da altri? C’è sempre e soltanto l’entusiasmo e l’amore per il cinema o c’è anche qualche caso di malafede? Questo tipo di intervento della stato ha avuto qualche funzione o è servito solo a creare illusioni, come molti sostengono? Che cosa ha prodotto in 20 anni di applicazione?
Questi ed altri interrogativi sono alla base di questa iniziativa che, storicizzando il fenomeno, attraverso una analisi attenta e approfondita, vuole sottoporlo ad una critica costruttiva.
Non c’è dubbio che l’unica strada che può condurre ad una “nuova stagione” del cinema italiano è quella della “qualità”.
“La carica dei 28” vuole essere un contributo per individuare quali risorse creative e imprenditoriali e quali strumenti di intervento pubblico possono far di nuovo “decollare” quella che è stata una delle più prestigiose cinematografie del mondo.
Dopo la Seconda guerra mondiale, il cinema italiano ha visto una ripresa difficile e avventurosa, con il Neorealismo che ha catturato l’attenzione globale. Questo movimento, caratterizzato da iniziative produttive spontanee e isolate, ha rappresentato un fenomeno culturale e artistico significativo. Tuttavia, la classe dirigente italiana dell’epoca non ha mai effettivamente riconosciuto l’importanza del cinema, lasciando le aspirazioni di una cinematografia nazionale senza il sostegno necessario.
Negli anni ’60, il cinema italiano ha accumulato un notevole patrimonio tecnico ed artistico. Nonostante ciò, molte nuove leve emergenti si sono affermate contro l’orientamento produttivo dominante. La crisi del cinema americano in questo periodo ha presentato una grande opportunità per il cinema italiano di conquistare quote significative del mercato estero. Purtroppo, questa occasione è stata sprecata a causa della mancanza di organizzazione e di una politica produttiva efficace.
La politica della qualità, sostenuta da una minoranza esigua ma influente, ha portato all’introduzione dell’articolo 28, che doveva sostenere il potenziale creativo del cinema italiano. Tuttavia, la reazione viscerale e violenta contro questa politica ha paralizzato molte delle sue iniziative, lasciando l’articolo 28 come unico rifugio per i cineasti emarginati. Nonostante le sue limitazioni, questo articolo ha costituito un laboratorio per sperimentazioni cinematografiche, offrendo opportunità a nuovi autori di emergere e contribuire al panorama del cinema italiano.